Papà penso sempre a te ed a quando spendesti sempre poche parole per insegnarmi il rudimento del vivere o meglio l’arte del sopravvivere e quando tirandoti per la cinta chiedevo il perché, non davi mai risposta alle mie domande ma mi portavi con te sui sentieri di montagna e mi insegnavi tutto ciò che altri prima di te avevano imparato con l’esperienza. Non lo so se così facendo tu abbia appagato la tua consapevolezza di lasciare qualcosa di te in questo mondo o lo abbia fatto per sopire i miei infiniti “perché” ed ancora oggi, quando la brezza colpisce la mia pelle, rivolgo le narici al cielo e respiro a pieni polmoni il segreto di cento, mille risposte che mi volesti dare, illudendomi che per sapere bastava tutto ciò. Il risultato è che quando un alito di vento mi accarezza il volto, io odoro la freschezza di quel soffice spirare sotto un sole timido, figlio del cielo montano e mi sento parte di un ecosistema unico, prezioso che ho ereditato da te ma per il quale non occorre fare richiesta per goderne dei benefici, perché di esso sono figlio anch’ io e quindi erede. Così capisco quale immensa ricchezza tu mi abbia lasciato e quanto debba lottare per non perderla. Ora voglio starmene qui, tra quel che resta di questi boschi di castagni e faggi, vagare sui sentieri, passeggiare nei luoghi della memoria dei mie avi. Questa terra è sopravvissuta ogni volta e la vita è continuata sempre. Ascolto il vento, lo sento mentre passa tra i castagni, quando passa tra i faggi fa un altro rumore , più acuto e meno grandioso. Sa più di montagna e di cime maestose. Poi questo profumo di terra e di foglie marce, la vita è qui in questo profumo di bosco. Siamo natura, siamo sempre stati natura e quando abbiamo creduto di poterci elevare al di sopra di essa e di poter vivere senza farne esperienza abbiamo fallito. Grazie papà, mi hai fatto fortunato, hai fatto in tempo a farmi conoscere la bellezza dei monti , i suoni dei sentieri e le sensazioni del corpo quando lo porti in cima ad una vetta per poi guardare giù. Istanti di felicità, di fremiti delle membra, l’ aria fresca ispirata che ti riempie i polmoni. Mi siedo davanti ad una sorgente, penso che ci siamo addormentati senza controllo, ha vinto in noi il desiderio di prevaricazione, distruzione e profitto di pochi, ed eccoci qui papà. No, io resto qui nei nostri boschi. Rimango qui tra il vento, gli alberi e le foglie. Chissà se un giorno tu non torni a camminare con me su questi sentieri a sussurrarmi nelle orecchie, insieme alla voce del vento, tutti i segreti della natura, a suggerirmi di abbandonarmi e fondermi con essa, di accettare la nostra piccolezza e la nostra fragilità. Torna a svelarmi la vita semplice ed il valore di viverla con senso, perché la vita è qui, adesso, intorno a noi. Grazie ancora papà!

        Vittorio Camacci