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La gioventù e la alute sono i doni più grandi che Nostro Signore ci ha fatto, purtroppo c’è ne accorgiamo solo quando non li abbiamo più. Così è il concetto dell’ immortalità, consideriamo la vita un bene preziosissimo perché c’è la morte, qualora l’ uomo scoprisse la vita eterna forse dovrà poi, rimpiangere la morte. Oggi si parla della possibilità di trasformare la mortalità dell’ essere vivente in una sorta di coma cosciente, prolungando la vita delle persone attraverso una ripetizione automatica di codici neurologici, insomma, per la scienza una sorta di “ immortalità” del corpo è possibile e non manca molto tempo per poterla attuare. Dal punto di vista antropologico, la cosa non stupisce perché da sempre l’ uomo tende a sfidare le leggi della natura, mentre dal punto di vista etico preoccupa il tentativo di ambire alla capacità di non morire riservata un tempo solo al divino. Eppure nella storia ci sono stati dei fatti che testimoniano di anomalie e fenomeni particolari del corpo umano ed uno di questi, quasi una documentazione scientifica, avvenne proprio nelle nostre zone, precisamente ad Accumoli, nella prima metà del 1.600. In un quadro di Josè De Ribera, detto lo Spagnoletto, dipinto nel 1631, è raffigurata una donna di Accumoli, Maddalena Ventura, alla quale cominciò a crescere copiosamente la barba durante la gravidanza, all’ età di trentasette anni. Per questo fatto venne chiamata alla corte di Napoli dal duca di Alcalà, il viceré Ferdinando II, e fatta ritrarre dallo Spagnoletto. Il mutamento osservato andò a toccare anche gli elementi fisiognomici, che transitarono decisamente verso caratteristiche somatiche e strutturali maschili. In precedenza la donna, moglie di Felice de Amici, aveva avuto un’esistenza normale ed aveva avuto altri tre figli. Insomma, tra natura e scienza tutto è possibile. (il ritratto dello Spagnoletto con Maddalena, il figlioletto ed il marito Felice)

                 Vittorio Camacci