In occasione delle Giornate del FAI ho visitato anche i capannoni dell’ex SICE ad Ascoli Piceno. Nel primo pomeriggio sono stato nel paese di Paggese ed ho partecipato alla visita guidata nella splendida chiesa di San Lorenzo che raccoglie numerosi tesori d’arte tra cui il trittico dell’Alemanno, un pregevole tabernacolo cinquecentesco, un altare barocco, e la sala del “Parlamento” con un affresco della fine del 1400 su cui è graffito un “Quadrato Magico” del Pater Noster con frase palindroma, unico nelle Marche. Poi ho attraversato il paese che sorge in bella posizione su un colle di travertino con le sue rue e case medievali conservate inalterate, impreziosite da bellissimi architravi incisi con sentenze proverbiali in lingua latina, per giungere, attraverso un ben tenuto sentiero selciato al Castello di Luco, eretto, a pianta rotonda, su un enorme masso di travertino, da qui attraverso un comodo sentiero, ben tenuto con superbi muretti a secco di delimitazione, circondato da grandi querce e quasi tutto in salita ho raggiunto il paesino di Valledacqua per poi discendere verso la superba abbazia farfense sottostante e tornare attraverso la strada Bosco Martese al punto di partenza. Avevo ancora delle ore di luce a disposizione e preso dall’entusiasmo ho deciso di proseguire verso la città per effettuare una visita ad un grande sito industriale di fine 900 nel quale hanno lavorato intere generazioni di operai ascolani. L’ex area industriale della SICE, dove si produceva il carburo di calcio, mi si è presentata con le sue strutture immense e mastodontiche, tra la stazione ferroviaria ed il fiume Tronto, ed a parte lo stato di abbandono in cui versa il sito ciò che mi ha più colpito è stata una foto che raffigurava le maestranze durante il proprio turno di lavoro. In particolare i loro occhi che non erano di solite diacronie: celesti, verdi,scuri o marroni, ma occhi bianchi come quelli dei fantasmi. Immediatamente il mio pensiero si è soffermato a tutte quelle generazioni di ascolani che hanno dato dignità alle loro famiglie facendo un lavoro così. Si, è vero, ricevevano buoni stipendi, il loro gruppo sportivo era all’avanguardia,  ed il CRAL aziendale era invidiabile, ma quegli occhi bianchi mi hanno colpito sensibilmente e non potrò mai scordarli.

                             Vittorio Camacci