Accadeva spesso che la vigilia di Natale partorisse una bestia, quando le stalle erano ancora tante e si trovavano sotto le abitazioni, prima che i paesi tramontassero e insieme a loro quelli che vi abitavano, diventando una specie di piccole succursali dei quartierucci di città. Perché i paesi veri sono tutta un’ altra cosa… La nostra stalla era vicino casa nostra, ma arrivarvi nel cuore della notte, seguendo l’ombra di mio padre nella tormenta non era così agevole. Mio padre e mia madre si arrangiavano con il parto della mucca, ma questo era complicato, un  intero pomeriggio di travaglio. Mio nonno aveva cercato aiuto ad un suo vecchio amico di Colle che sapeva tutto di bestie, ma si trovava troppo lontano e con la tormenta di neve in corso non poteva venire fino a Spelonga. Aveva chiamato allora quelli che si trovavano al bar de “Lu Vecchiò” che si vantavano di conoscere tutto delle bestie, ma per quanti sforzi facessero non riuscivano a liberare la povera “ijenga” e così si era fatta notte e si era saltata anche la Messa della Natività. Le vecchie avevano recitato il rosario, e tutti i misteri gaudiosi, poi si erano fatte le due e decisero di chiamare mio zio Frì che chiamò mio padre “Cucciò” ed a fianco a lui s’ incammino nella bufera con me sempre dietro ad arrancare nella neve alta. E’ il ricordo più bello che ho di loro, il modo in cui tutti si spostarono quando entrarono insieme nella stalla ed il sospiro di sollievo di tutti nel vederli. Gli uomini che sapevano tutto delle bestie gli si fecero attorno affannati: “Vida Frì sù scite le zzàmpe, lì scimme attaccate ma lù vitiglie n’nesce”! Non ho mai sentito mio zio incazzarsi e bestemmiare e neppure quella notte lo fece, anche se ne aveva la voglia disse solo ad alta voce : “sumare, cheste su le zzàmpe de rete”! Mio padre fece uscire tutti, rimanemmo solo io, lui e mio zio Frì. Sorreggemmo mio zio che penetrò la vacca con tutto il braccio. “Bisogna acchiappallo pé li recchie e giréllo” disse mio zio, ma non finì la frase che il vitello si presentò con le zampe anteriori e poi con il muso , e poi tutto… rotolando a terra nella paglia. Allora ci venne da ridere e riaprimmo la porta facendo rientrare tutti. Uscimmo e non nevicava più, il cielo era pieno di stelle che si riflettevano sui cristalli di neve, facendo brillare in modo impressionante la coltre immacolata. Zio Frì camminava davanti come un dio vittorioso, gli altri dietro, mio padre seguiva tutti ed io lui, allora un figlio non doveva mai camminare davanti al genitore. Così si nasceva a Spelonga tanti anni fa ed io ho avuto la fortuna di vederlo con i miei occhi.

                Vittorio Camacci