Massimiliano Tito Pascali
e l’Ufficio Postale di Pescara del Tronto

Con queste righe riporto alla memoria l’istituzione e una buona parte della storia dell’Ufficio Postale di Pescara del Tronto. È una breve narrazione che riesco a ricostruire unendo quanto riportato dai documenti ufficiali con le reminiscenze che ho ascoltato negli anni, riferite dai paesani, dai parenti e dalla mia famiglia. I ricordi sono arricchiti anche d’immagini fotografiche, di piccoli oggetti sopravvissuti al tempo, conservati in casa e che ancora oggi sono i fedeli messaggeri delle tracce affettive che mi legano ad un passato che non ho completamente vissuto.
Dai Bollettini del Ministero delle Poste e Telegrafi risulta che il 16 luglio 1914 è stata aperta la sede postale pescarese, descritta come “Stabilimento postale, telegrafico e fono-telegrafico R3°”, ossia una “Ricevitoria postale di 3° classe” aggregata alla Collettoria di Arquata del Tronto; l’indicazione della nomina di Pascali Massimiliano Tito, mio nonno, che ne è stato direttore per più di 40 anni, è annoverata tra il personale applicato alle ricevitorie.
Il corso degli eventi di cui tratto comincia nei primi del Novecento, anni che appartengono ad un periodo storico con caratteristiche socio-economiche molto diverse dai tempi che stiamo vivendo. In quell’epoca in Italia regnava la monarchia di re Vittorio Emanuele III di Savoia, il Re soldato, ed il Presidente del Consiglio dei Ministri era Antonio Salandra, figura politica che qualche mese dopo il 14 luglio influenzava il destino della nazione per la partecipazione al primo conflitto mondiale. Sull’intero territorio italiano comunicare era difficoltoso e limitato perché non esistevano telefonini, internet, tutti i dispositivi e la tecnologia a cui siamo abituati. Per i normali cittadini la possibilità di ricevere o di trasmettere informazioni era affidata solo alle lettere o alle cartoline postali che viaggiavano con lentezza. I telegrammi erano inviati generalmente per la diffusione di notizie urgenti ed erano più costosi delle affrancature per la corrispondenza ordinaria. Lo scambio di denaro avveniva attraverso l’emissione del vaglia, un titolo di credito che consentiva di spedire o di ricevere liquidità. Da questa situazione nasceva la necessità della presenza di una rete estesa ed ovunque ramificata di uffici postali che, con la loro attività, avrebbero reso più agevoli questi scambi. Qualche anno più tardi, nel 1918, avrebbero consentito anche contatti in tempo reale attraverso la presenza del posto telefonico pubblico, concepito come un impianto disponibile per chiunque volesse usufruirne e che aveva cambiato anche la loro denominazione in “Ricevitorie postali telegrafiche e telefoniche”. Questa innovazione arrivava anche a Pescara del Tronto ed era sovente che l’apparecchio fosse utilizzato per chiamare il medico o l’ostetrica d’Arquata quando nascevano i bambini. In questo periodo venivano istituti anche i servizi di posta aerea e di posta militare.
Le funzioni, i compiti e le mansioni dei direttori di questi antichi uffici erano profondamente diverse da quelle di oggi perché questi assumevano personalmente l’intera gestione della ricevitoria sotto la loro responsabilità. Ogni ricevitore-titolare, dopo essersi insediato, si occupava di tutti gli incarichi collegati al lavoro che espletava. Osservava l’obbligo di esporre l’immagine del Re e, successivamente, del Capo dello Stato. In dotazione gli erano forniti solo i timbri per marcatura, una bilancia pesalettere, la bandiera da esporre nelle giornate di festa, l’insegna postale da apporre fuori dell’ufficio e la buca per l’impostazione.
La scarsa strumentazione di cui disponeva si premuniva di acquistarla direttamente a sue spese. Nonno Tito per custodire il denaro contante ed i timbri aveva comprato una piccola cassaforte, per tenere in ordine i registri aveva commissionato la realizzazione di tre armadi all’ebanista e si riforniva regolarmente di: colla, calamai, inchiostro, pennini e della carta assorbente per il tampone a mezza luna che serviva ad asciugare le gocce sulla scrittura.
Svolgeva direttamente e manualmente tutti i servizi offerti dalle poste, quali l’accettazione allo sportello di: vaglia, depositi nei libretti di risparmio, pacchi, lettere, raccomandate, assicurate, ed inoltre provvedeva anche al recapito della corrispondenza e delle ricevute di ritorno come postino. Seguiva e curava la contabilità senza possedere una calcolatrice, annotava sui registri stampati dal Ministero i movimenti di denaro e tutte le operazioni avvenute quotidianamente. Ogni 5 giorni compilava un conto di cassa generale che spediva alla direzione di Ascoli Piceno. L’orario di apertura al pubblico dell’ufficio era spezzato fra mattina (9-12) e pomeriggio (15-19). Durante le ore di chiusura consegnava la corrispondenza che arrivava con un dispaccio trasportato da un corriere a cavallo. Il trasportatore poteva giungere in qualsiasi momento della giornata, a seconda delle condizioni meteorologiche e dello stato di percorribilità della Salaria. Durante l’inverno, quando le abbondanti nevicate rendevano quasi impraticabile la strada, giungeva anche nelle ore notturne. Mio nonno raccontava che quando riceveva il sacco lo apriva e più di una volta era uscito anche di notte per consegnare prima possibile le lettere che scrivevano i soldati in guerra. Erano quelle lettere sempre molto attese che rassicuravano intere famiglie.
Il suo contratto di assunzione, nell’anno 1914, prevedeva una retribuzione di 119 lire al mese, corrisposta per 12 mensilità, non vi erano contemplate la tredicesima e la possibilità di fruire di periodi di ferie; se avesse avuto necessità di qualche giorno di congedo avrebbe dovuto versare di tasca propria il pagamento delle ore di lavoro al suo sostituto, un supplente previsto dalle disposizioni ministeriali, inquadrato con la qualifica di coadiutore, ufficialmente nominato ed assunto con un contratto di lavoro privato.
Ricordo che la coadiutrice di Pescara del Tronto si chiamava Angela Rendina, lavorava come sarta.
“Pascali”, come lo chiamavano quasi tutti in paese, era nativo di Ortezzano, classe 1889, figlio di Carlo, farmacista di Esanatoglia (MC) prematuramente scomparso che lo aveva lasciato all’età di 4 anni, e di Ilda Marcantoni, figlia di Massimiliano, maestro e sindaco di Ortezzano. Aveva 3 fratelli che, come lui, avevano per primo nome Massimiliano, dato in memoria del nonno materno, seguito dal secondo nome con cui erano chiamati; le discrete condizioni economiche della sua famiglia di provenienza gli avevano consentito di frequentare il Regio Istituto Tecnico di Fermo.
Conclusi gli studi aveva adempiuto agli obblighi di leva con il grado di sergente.
A Pescara del Tronto, nel 1914, si contavano circa 1.000 anime, vi erano la chiesa, il parroco e la scuola elementare dove si potevano frequentare le lezioni fino alla seconda classe, chi avesse voluto continuare fino alla quinta avrebbe dovuto recarsi ad Arquata. Nonno Tito aveva 25 anni ed era già un dipendente regolarmente assunto dal Ministero delle Poste e Telegrafi, aveva già prestato il giuramento di mantenere il segreto d’ufficio e lavorava come impiegato ad Urbania. Da suo fratello Ugo, archivista ed applicato al Gabinetto del Ministro dei Lavori Pubblici in Roma, aveva appreso la notizia dell’istituzione di nuovi uffici tra i Sibillini e, senza pensarci troppo, aveva dato la disponibilità per il trasferimento presso una di queste nuove sedi per vivere in montagna, luogo che rappresentava una delle sue grandi passioni. Probabilmente, aveva anche considerato che se non si fosse trovato bene avrebbe potuto chiedere lo spostamento verso un’altra località. Ma non è andata così, vi è rimasto fino alla fine dei suoi giorni, fino al 28 settembre 1971, ed ora riposa nel cimitero di Cimetta di Vento. Lo stabilirsi in nuovo centro abitato, fino ad allora per lui sconosciuto, ed il nuovo incarico avevano apportato radicali cambiamenti alle sue abitudini ed al suo stile vita che con un grande slancio di volontà e voglia di crescere aveva adeguato alla nuova realtà. Durante i primi anni aveva trovato alloggio presso varie famiglie che lo avevano curato ed accudito amorevolmente, egli stesso diceva che lo consideravano «come un figlio» ed alle quali è rimasto sempre grato. Aveva affittato un locale dove sistemare il suo ufficio sottoscrivendo un contratto di locazione pagato dal Ministero delle Poste e Telegrafi; non so a quanto ammontasse di preciso il canone percepito dal proprietario, ma sicuramente non era una cifra generosa.
Nel frattempo gli anni passavano e mio nonno continuava ad apprezzare le montagne che lo circondavano e a coltivare le passioni per le camminate e per la caccia. Non aveva trascurato o interrotto i contatti con Ortezzano e quando non poteva tornare nel suo paese qualche amico d’infanzia andava a trovarlo. Tra questi i più assidui erano il dottor Emilio Giulietti, imparentato con la famiglia della mia bisnonna, e Mario Montozzi allora direttore della Banca Nazionale del Lavoro ad Ancona che, in occasione dell’apertura dell’ufficio, per buon auspicio, gli aveva regalato un corredo da scrittoio che nonno Tito aveva riposto in una scatola e mai usato per timore di rovinarlo. Stringeva, man mano, nuove amicizie con i paesani che, ogni tanto, gli chiedevano di essere il padrino di battesimo dei loro bambini; aveva stabilito buone relazioni anche con i colleghi di altri uffici postali come con il compare Gioacchino Girardi, direttore a Capodacqua, a cui si era avvicendato il figlio Ugo scomparso pochi anni fa.
In questo contesto, nel 1921, si era innamorato di mia nonna Marietta, una ragazza pescarese più giovane di lui di 15 anni, figlia di Luigi Pala e di Domenica Cortellesi che avevano dato alla luce ben 10 figli.
La chiesa di Santa Croce di Pescara li ha visti sposi nella mattinata del 4 luglio 1923 e dopo una semplice cerimonia sono saliti sul postale della linea Ascoli-Roma per un trascorrere 4 giorni di viaggio di nozze nella capitale. Dalla loro unione sono nate 2 figlie alle quali sono stati dati i nomi dei nonni paterni: Ilda e Carlotta.
Dal 1924 nel suo ufficio poteva emettere buoni postali fruttiferi e nello stesso periodo perorava la causa per far aggiungere altre classi alla scuola elementare che, dopo il suo interessamento, si poteva frequentare fino alla quinta. La sua vita è stata punteggiata da tanti aneddoti e racconti nati da episodi e vicissitudini del suo lavoro e dalla passione per la poesia in rima. Ogni tanto dedicava qualche scherzoso e pittoresco componimento ai suoi amici più stretti. Nel contempo trascorrevano anche gli anni del secondo conflitto mondiale, anni difficili per il passaggio sul territorio delle truppe in guerra e degli aerei da bombardamento che sorvolavano anche il cielo del territorio arquatano. Uno degli eventi più duri riguarda il racconto delle giornate in cui i guastatori tedeschi, in ritirata da Cassino, si fermavano a Pescara per minare e far saltare il ponte che attraversava il torrente Cavone sulla Salaria al fine di interrompere la continuità della sede viaria ed impedire il transito delle autocolonne. Era la primavera del 1944 e l’imminenza della deflagrazione rappresentava un vero pericolo per l’incolumità della popolazione. I residenti avevano scelto di allontanarsi e mio nonno aveva portato la sua famiglia a Vezzano. Era tornato a Pescara solo dopo che le mine erano state fatte brillare. Di questa esperienza ne rimane traccia anche nei suoi ricordi più personali. Durante i giorni trascorsi lontano dalla sua casa aveva portato con sé i piccoli oggetti che rappresentavano le memorie care della sua vita. Tra questi, aveva tentato di custodire l’immagine devozionale della Madonna del Carmelo, racchiusa in un quadretto, che sua madre gli aveva donato in ricordo del giorno dell’apertura dell’ufficio. Nell’agitata frenesia che aveva contraddistinto lo scorrere di quelle ore la cornice si era rovinata e l’immagine era andata smarrita. La sua determinazione a voler avere ancora quel ricordo lo aveva spinto a ricomporre il contorno del telaio malconcio dotandolo di un’identica rappresentazione della Vergine del Monte Carmelo. Sul retro dell’effigie annotava questo pensiero: «Mamma aveva scritto in quest’Immagine Sacra: Ti ricordi l’apertura del tuo Ufficio (16-7-1914). Trasferitomi per qualche giorno a Vezzano con la famiglia per proteggerla dal turbine della guerra la dedica di cui sopra è andata perduta e parte del quadro deteriorato. Pescara del Tronto 15 giugno 1944». La sua è stata una vita semplice ed autentica, impostata sulla perseveranza, sulla pazienza, sull’affrontare le piccole e grandi le difficoltà e trovare il modo di superarle.
È stato collocato in pensione sul finire degli anni 50 ed al suo posto è subentrata mia madre Carlotta Pascali con la qualifica di direttrice dello stesso ufficio. Vi ha prestato servizio dal 1958 fino al maggio del 1992, ottemperando ai suoi doveri di dipendente postelegrafonica e disponendo di maggiori sostegni tecnologici e di orari più comodi. Il 27 giugno 1993, il direttore generale dell’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni le ha conferito l’«Attestato di benemerenza» per il lodevole servizio prestato nell’interesse del Paese unito al Gabbiano d’argento al merito amministrativo.
L’ultimo direttore nominato per la sede di Pescara del Tronto è stato Riccardo Matricardi di Ascoli Piceno, una persona squisita di cui tutti conservano un ottimo ricordo. È da qui che è partita la sua carriera dirigenziale nel maggio del 1992 ricoprendone il ruolo fino al 1998, dividendosi per alcuni periodi e per alcuni giorni alla settimana anche con l’ufficio di Capodacqua. Questo accadeva pochi anni dopo la sua assunzione alle Poste a Porto Sant’Elpidio, avvenuta nel 1990. Nel luglio dello stesso anno aveva avuto il trasferimento ad Arquata del Tronto. La sua dirigenza pescarese si è interrotta perché l’ufficio rimaneva aperto solo pochi giorni alla settimana ed il suo livello di posizionamento lavorativo aveva determinato il trasferimento come Reggente quadro ad Acquasanta Terme. In seguito, dal settembre 1998 al luglio 2002 è stato era direttore a Castorano. Al termine della sua permanenza riceveva dal sindaco Guido Maoloni un’ufficiale «Lettera di ringraziamento» per il lavoro svolto nella località. Dal luglio 2002 dirigeva a Castel di Lama Piattoni. Nell’ottobre 2004 operava come Responsabile quadro presso la Succursale 5 di Ascoli Piceno e con la stessa posizione nel 2006 a Castel di Lama Stazione. Dal giugno 2009 fino al 7 febbraio 2020 è stato Responsabile quadro ad Acquasanta Terme e poi collocato in pensione.
Gli abitanti di Pescara e Capodacqua non avrebbero voluto che se fosse trasferito ed avevano inviato anche una petizione a Poste Italiane per impedire che ciò potesse accadere. In poche righe esprimevano la loro disapprovazione ed il loro scontento dichiarando a chiare lettere la stima e la fiducia che riponevano nel suo operato. Leggendo il testo dell’istanza, le parole che maggiormente sintetizzano ed esprimono l’affetto sedimentato col tempo nel cuore degli utenti si ritrovano nell’espressione: «Il nostro direttore», come a dire che lo sentivano di loro appartenenza, vicino, prodigo di gentile disponibilità e della sua innegabile capacità di entrare in empatia con gli altri e di accoglierne le richieste.
L’ufficio postale è stato definitivamente chiuso nel secondo decennio del XXI secolo. Ha avuto sede sempre in locali dislocati lungo la Vecchia Salaria, ma ha cambiato vari edifici. Per un periodo è stato presso il piano terra della casa di Cesira Pala, dell’altro tempo nello stabile di Nubilia Paradisi, poi nel fabbricato di Olimpio Lalli Cafini ed infine nel pianterreno della casa di Maria Pala.

Articolo del 14 luglio 2020, a firma di Sandra Crisciotti

Bibliografia:
– ISTITUTO DI STUDI STORICI POSTALI onlus, Estratto da Bollettino del Ministero delle Poste e dei Telegrafi, anno 1914
– Annuario d’Italia, Anno VII, 1892
– Bollettino del Ministero delle Poste e Telegrafi, n. 26, parte II
– Supplemento al Bollettino N. 32 dell’11 novembre 1914, Parte Seconda
– Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, numero 258, anno 1918, Roma;
– Marcello Gaspari, Storia di Ortezzano, Lineagrafica Editore, Centobuchi (AP), anno 2000.
– Archivio R. Matricardi: Petizione degli abitanti di Pescara e Capodacqua inviata al Direttore della Filiale di Ascoli Piceno di Poste Italiane SPA