Con il confortante calo di tutti gli indici relativi al Corona-virus, aumenta tra i terremotati arquatani la voglia di ritornare ad una vita normale. Va bene uscire a passeggiare liberamente ed anche fare i lavoretti negli orti ed in campagna che fanno bene soprattutto all’anima, ma si tratta pur sempre di palliativi, la ricostruzione vera è un’altra cosa. Prima di venire al punto su cosa fare, ci terrei molto ad esternare il mio fastidio e la mia repulsione nei confronti di chi ha banalizzato e si è tirato indietro anche in occasione di questa ennesima calamità che ci ha colpito. Ho letto articoli dove c’era chi rivendicava di aver fatto il massimo possibile per Arquata e la sua gente e si è presentato davanti ai media come un salvatore della patria o un eroe per aver impedito il propagarsi del contagio tra le SAE, come se i nostri piccoli paesini, ormai parzialmente inabitabili, fossero il centro della “movida” nazionale. E adesso? Come ricominciare? Cosa fare? Al solito chi ha il potere sostanzialmente se ne frega del normale cittadino. Sistemate le loro “combriccole” gli altri se ne possono anche andare altrove a morire nell’ indigenza. Per il resto non ci sono altri sostanziali cambi di vita. Ennesima dimostrazione, anche se non ce n’ era bisogno, di quanto gli stiano a cuore i “normali” abitanti di Arquata. Zero! E i poveretti che si arrabattano tra casette di ” marzapane “, pendolarismo, sacrifici e sopravvivenza? Che si attacchino al tram! Banalizzando, i problemi qui sono sempre gli stessi, ricostruzione quasi zero e le solite ” cricche” che spadroneggiano su tutto, sempre ingorde di appalti, fondi ed aiuti, non provano neanche ad uscire da questo circolo vizioso, la loro presunzione è più forte della loro miseria intellettuale. Peccato che nel frattempo in tutto il mondo assistiamo a comportamenti che vanno esattamente nel senso opposto: politici che si occupano principalmente dei temi sociali e ricchi mecenati, benefattori che si dedicano con maggior impegno alla beneficenza, sviluppo di turismo etico, sostenibile e moderno ovunque, anche nei paesi del terzo mondo. Verrà il momento di ricominciare veramente e non tornando da dove abbiamo iniziato, di certo sarà più facile nei paesi che avranno ritrovato una comune socialità e solidarietà. Noi siamo figli di San Benedetto da Norcia, discendenti di grandi monaci che partendo dalla “Terra di Mezzo” riuscirono a salvare l ‘intera Europa con la forza della fede usando efficacemente una formula semplicissima: “ora et labora”. Con la forza dell’esempio quei nostri avi fermarono le invasioni barbariche e rimisero in ordine un territorio devastato ed in preda all’ abbandono ed alla disperazione. La nostra meravigliosa terra è stata capace di partorire mille volte un nuovo inizio a partire da migliaia di anni fa, quando popoli dell’Asia centrale emigrarono qui con le loro usanze e le loro credenze. Poi sono venute altre genti che ci hanno lasciato i loro geni: etruschi, celti, greci, sabini, peligni, sanniti, piceni, galli, bizantini, longobardi, goti. Tutti ci hanno insegnato a lottare, ha rispondere con durezza quando arriva il momento della battaglia, ha difenderci dalle belve che si accaniscono con chi si ritrova debole. L’ Italia è rinata sempre dalle nostre montagne sin dai tempi dei romani, poi con il monachesimo ed infine nel Rinascimento, non dobbiamo dimenticarlo. Siamo anche figli di Sibille, transumanze e lunghi inverni, siamo figli della fierezza di sant’ Amico, il benedettino che anticipò l’epopea francescana, quella di seguire alla lettera l’esempio del Nostro Signore Gesù Cristo Salvatore. Questo sarà, semplicemente, un nuovo ritmo morale, una musica di grazia interiore, il tempo in cui si manifesterà la compiuta libertà dei nostri destini. La contesa con le forze e le prepotenze tenebrose è già vinta, l’abbiamo ottenuta capovolgendo tutti i metodi naturali di lotta. A chi ci ha chiesto la tunica, noi abbiamo dato anche il mantello, a chi ci ha schiaffeggiato noi abbiamo porto anche l’altra guancia. I nostri tralci più sono stati potati, più hanno portato frutti. Verità e misericordia si sono incontrate, giustizia e pace si sono baciate, grazie a noi la verità germoglierà dalla nostra terra ricca di diversità e la giustizia si affaccerà dal nostro cielo azzurro e terso. La nostra forza sono l’amore e la compassione, l’albero della nostra vita ha le radici in cielo ed i rami in basso che lasciano cadere le foglie ed i frutti sulla terra. Arquata sarà il luogo dove altezza e profondità, cielo e terra, si guarderanno negli occhi e si abbracceranno. Questo non avverrà se non risveglieremo in noi una coscienza profonda, se non rimetteremo al centro le persone ed il rapporto con la Natura. Abbiamo diritto di vivere, per questo dobbiamo resistere alla tentazione di scendere a patti con il potere degenere che ci vuole impotenti, irrilevanti, senza diritti e senza testimoni. Siamo ancora nel deserto, dobbiamo purificare i cuori e resistere ai ricatti che assoggettano l’uomo e gli rubano la libertà; dobbiamo combattere la superbia della vita, le concupiscenze del vecchio potere e dei suoi “occhi” che bramano solo di possedere. Il campo di battaglia non è più l’urna elettorale, dove il voto di scambio decide già in precedenza il risultato, ma una nuova seminagione e primizia di cittadino, finalmente inclusivo e ospitale, una comunità innamorata del suo futuro dove ci aspettiamo un nuovo cielo ed una nuova terra, nei quali avrà dimora stabile la giustizia. Una comunità priva di gerarchie e distinzioni perché composta da persone oneste e rispettose degli altri. Solo così Arquata può avere un futuro e solo così il nostro seme potrà germogliare di nuovo.

“Se vogliamo che tutto rimanga com’ è, dobbiamo fare in modo che tutto cambi”

                  Vittorio Camacci