Il mio amico Sergio è ammalato, in questi giorni sono andato spesso a trovarlo in ospedale. Ha una malattia lenta e logorante ai polmoni. Ormai ha ottant’ anni e porta addosso tutti i segni della vecchiaia dovuta ad una vita avventurosa e piena di esperienze. Nacque nel 1939, in tempi bui alla viglia della seconda guerra mondiale, da genitori marchigiani, il papà era carabiniere a Ripattoni, un antico borgo medievale del teramano, posto sopra una rupe a strapiombo. Forse, l’ infanzia vissuta sempre in bilico su questo precipizio naturale gli dette il coraggio di affrontare una vita particolare ed intensa come quella circense, abbandonando presto, a soli sedici anni, la classica famiglia borghese, trasferitasi per il lavoro del padre a San Benedetto del Tronto. Quando l’ ho conosciuto, alcuni anni fa, ho individuato in lui una personalità che si riconosceva da subito, un incedere elegante, un’ attenzione all’ abbigliamento, alla postura, al modo di presentarsi, di stare con la gente, insomma un carisma che viene da lontano, che si è formato nella vita circense. Sergio nel circo trovò anche l’ amore sposando la figlia di una dinastia di trapezisti. Ebbe così un intreccio di parentele in quel mondo ed un ottimo maestro in suo cognato. Dopo duri allenamenti muscolari si impegnò da subito in numeri di troupe grazie alla sua forte volontà ed all’ innata passione per il trapezio. Le condizioni economiche del dopoguerra non promettevano certo sviluppi interessanti e possiamo immaginare quanti sacrifici fossero richiesti nei piccoli circhi italiani a conduzione familiare degli anni ’50. Malgrado tutto il circo è una cosa seria, non bisogna dimenticarsene mai, bisogna studiare tutti i dettagli e controllare sempre gli attrezzi, specialmente quando si sta sul trapezio nella scomoda posizione della testa in giù. Una volta terminata la carriera di trapezista a quarantacinque anni per sopraggiunti limiti d’ età, Sergio continuò a lavorare nel circo facendo anche altre esperienze artistiche come : il fotografo sportivo, il ballerino di tango argentino, il restauratore, il collezionista antiquario. Sicuramente non ha avuto una vita noiosa, grazie alla sua originalità, al suo stile, alla sua presentazione. L’ imperativo della sua vita è stato sempre quello di non cadere nel banale, nella normalità. Sergio spera di guarire presto per tornare nella sua San Benedetto e vorrebbe che la sua vita fosse un modello di dedizione e di talento per i giovani d’ oggi. Capisce anche che la sua carriera oggi è un modello difficile da replicare ma è altresì convinto che l’ arte circense non avrà mai fine.

                                          Vittorio Camacci