Le vecchie fornaci di Pretare e Pescara

 La vecchia fornace di Pretare è una delle testimonianze dell’archeologia industriale del patrimonio architettonico extra urbano del territorio del Comune di Arquata del Tronto. Il sito è annoverato nell’Elenco dei Beni Culturali della Regione Marche.

I pochi resti rimasti, dopo i crolli provocati dalle scosse che hanno colpito l’Italia centrale negli anni 2016-2017, attestano l’operosa vita del passato e la capacità di chi ha saputo generare e creare opportunità di lavoro con le risorse naturali disponibili. Il sito si trova lungo la Strada Provinciale 59, tra la frazione di Pretare ed il Valico di Forca di Presta, alle falde del monte Vettore nel Parco nazionale dei Monti Sibillini.

È stato possibile ricostruire buona parte della storia dell’insediamento produttivo attraverso la consultazione di fonti documentali, custodite nella sede della Comunanza agraria di Pretare, e i racconti di alcuni residenti, in particolare di Dora Carboni e Ventura Piermarini che, con i loro preziosi ricordi, hanno potuto tramandare molte vicende e caratteristiche del funzionamento.

La fabbrica di calce è nata nei primi anni del XX per volontà di due soci ed imprenditori ascolani: A. Enea e A. Basilici, conoscenti di Carlo Cappelli di Borgo di Arquata, allora proprietario del mulino a macine che in seguito ha trasformato in un forno per la panificazione. Cappelli stesso, osservando l’abbondante quantità di roccia, aveva intuito e considerato la possibilità di installare una piccola industria destinata alla calcinazione, ma non trovando il tempo per seguire un’ulteriore attività aveva suggerito ai suoi conoscenti la possibilità di realizzare il progetto. Enea e Basilici hanno inoltrato la richiesta per la costruzione al Comune di Arquata. L’Amministrazione municipale non avendo spazi o suolo idoneo da assegnare, li ha indirizzati alla sede della Comunanza pretarese che, con la delibera datata 3 maggio 1928, ha costituito ed affidato in concessione per 20 anni l’area su cui è sorta in cambio della corresponsione di un canone annuale di 50 quintali di calce.

Solo dopo 2 anni, già nel 1930, lo stabilimento era funzionante e nello stesso anno De Pretis è entrato a farne parte come terzo socio. La nuova realtà produttiva ha avuto un buon andamento per circa dieci anni ed è stata definitivamente dismessa intorno alla metà degli anni Quaranta del XX secolo. Restano ad oggi sconosciute le ragioni o le cause che ne abbiano decretato il declino, forse ascrivibili allo scoppio della seconda guerra mondiale o allo spopolamento delle zone montane provocato dal fenomeno dell’emigrazione che ha visto molti abitanti allontanarsi per cercare lavoro in nazioni straniere.

La fornace è stata costruita da maestranze locali sulla radura panoramica del Passo della Madonna, proprio a ridosso dell’area estrattiva della roccia calcarea indispensabile al suo funzionamento. Dopo l’edificazione dello stabilimento il luogo è stato identificato con il toponimo di Cargara, parola che ha forse assunto la forma dialettale di calcara o calchera, sostantivi che esprimono il significato di fornace e trovano le loro radici etimologiche nel vocabolo latino calcārĭa, a sua volta derivato da calx, calcis che vuol dire calce. Nel latino tardo il termine calcārĭa seguiva la parola fornax per definire la fornace da calce.

Lo stabilimento ha rappresentato per il circondario arquatano una novità per due ragioni: la grandezza del fabbricato e la lavorazione a ciclo continuo. Fino ad allora, come si apprende dagli annali di Statistica Industriale del 1892 (pubblicati a cura del Ministero dell’agricoltura industria e commercio dell’epoca) nell’area comunale esistevano 6 fornaci che lavoravano circa 80 giorni all’anno, idonee alla produzione di 11.200 laterizi e 1.010 quintali di calce ed occupavano complessivamente circa 80 persone. Si trattava di piccole realtà rurali di dimensioni più modeste e la loro attività avveniva a fuoco intermittente. Tra queste, nell’Elenco dei Beni Culturali della Regione Marche, compare anche quella individuata nell’area produttiva di Pescara del Tronto e collocata in località La Roscia. Era una piccola fornace dedicata alla cottura delle tegole e probabilmente anche delle calce. I pochissimi resti del forno, elevato da una pianta circolare e costruito con mattoni rossi, si trovano nella campagna lungo il margine destro dell’alveo del fiume Tronto tra i paesi di Pescara e Vezzano.

L’impianto di Pretare dava lavoro a 3 o 4 dipendenti e si componeva della torre del forno e dello stabile adiacente di cui rimangono deboli tracce perimetrali. Quest’ultimo era una casupola destinata al ricovero del guardiano che aveva l’incarico di alimentare il fuoco di giorno e di notte per impedirne lo spegnimento.

La torretta tronco-piramidale a base a quadrata era l’elemento architettonico più significativo e raggiungeva l’altezza di circa 10 metri. Il suo tessuto murario era costituito sia da conci squadrati e sia da conci irregolari intervallati da fasce di laterizi rossi distribuiti su vari livelli. Alla base, nell’apertura dell’arco contornato da mattoni, bruciava il fuoco per la combustione a fossa a ciclo continuo ed al suo interno si trovava la camera di cottura delle rocce dove avveniva il processo di calcinazione per la produzione di calce viva (ossido di calcio – CaO). L’impiego di questo materiale trovava ampia applicazione per la disinfezione delle pareti domestiche, dei pollai e delle stalle.

Dalla calce viva si ricavava la calce spenta (idrossido di calcio – Ca(OH)2) mediante l’idratazione della prima con il contatto dell’acqua di un piccolo ruscello adiacente, ormai prosciugato. Questo secondo componente-legante era utilizzato per malte edilizie, intonaci o per l’imbiancatura. Nei borghi rurali era consuetudine conservare polvere di calce in una buca scavata a terra, vicino alle abitazioni, per averla sempre disponibile. La produzione di questa fornace era sufficiente a rifornire e soddisfare le necessità dell’intero comune. Nella memoria di alcuni residenti è ricordata una sola cottura di mattoni rossi consegnati nel paese di Trisungo.

I sassi, dopo essere stati accuratamente selezionati e frantumati in piccoli pezzi, erano introdotti all’interno della torre dall’alto con l’ausilio di carrucole che scorrevano sul retrostante scivolo di binari che arrivava alla bocca del forno. La trasformazione in calce viva si otteneva tramite il riscaldamento con il fuoco derivato prevalentemente dal carbone proveniente dalla frazione di Colle d’Arquata, ma in mancanza si utilizzava anche la legna da ardere. La camera di combustione raggiungeva la temperatura di circa 800° C e questo condizionamento termico generava la reazione che eliminava i componenti volatili e l’acqua di combinazione favorendo la separazione del bicarbonato e dei carbonati contenuti nelle pietre. La calce era scaricata verso la parte bassa della torre. Una volta ridotta in polvere si conservava in contenitori ben chiusi o accuratamente interrata per le sue caratteristiche igroscopiche.

Ancora oggi il suolo che circonda l’insediamento produttivo mostra la tipica concavità creata dall’azione esercitata degli agenti naturali in movimento di origine fluvio-glaciale che hanno determinato l’erosione superficiale del terreno ed hanno dato vita all’ambiente sedimentario utilizzato come giacimento. Negli anni, i resti della fornace sono stati utilizzati come scenografia per varie manifestazioni di intrattenimento culturale.

articolo a firma Sandra Crisciotti

Si ringraziano: Cristina Piermarini, Dora Carboni, Ventura Piermarini, Romolo Trenta, Stefano Cappelli, la Comunanza agraria di Pretare e Antonio Filotei.

Fonti:

Fornace di Pretare:

  1. https://www.regione.marche.it/Regione-Utile/Cultura/Catalogo-beni-culturali/RicercaCatalogoBeni/Tipo/A/Personaggio/fornace/Dove/__AP
  2. https://www.regione.marche.it/Regione-Utile/Cultura/Catalogo-beni-culturali/RicercaCatalogoBeni/ids/71635/Vecchia-fornace
  3. Galiè-Vecchioni, Arquata del Tronto, il comune tra due Parchi nazionali società Editrice Ricerche, p. 111
  4. Annali di Statistica del 1892, a cura del Ministero dell’agricoltura, industria e commercio, Fascicolo XLI, notizie sulle condizioni industriali della provincia di Ascoli Piceno.

 Fornace di Pescara del Tronto:

1-http://www.beniculturali.marche.it/Ricerca.aspx?ids=64775

2-https://www.regione.marche.it/Regione-Utile/Cultura/Catalogo-beni-culturali/RicercaCatalogoBeni/ids/64775/La-Roscia-Pescara-del-T-Arquata-del-Tronto-AP