Nell’estate dell’801 d.c., accade uno sconquasso, un’eruzione: urla e polvere a coprire quell’aria frizzante di montagna, poi tonfi ripetuti, silenzio e morte. A Carlo Magno e al suo scrivano Reginaldo, appena oltrepassato il passo del Galluccio, appare una fitta nebbia di polvere rossastra che saliva lentamente dal basso. Di quel paese chiamato Colfiorito non rimaneva più nulla.

Quel sisma, di cui erano rimaste tracce scritte a Pretare all’interno della chiesa del SS. Crocifisso, rimarrà per sempre nella nostra memoria, tramandato attraverso leggende e modi di dire e ha segnato l’infausta nomea del Monte Vettore come antro dell’inferno.

Quel racconto funesto sarà giunto a Roma, a Leone III (papa dal 795 al 816) e si sarà diffuso in ogni dove nel nuovo regno e fatto immaginare episodi epici e terribili; non sarà stato di certo un caso che anche Pilato secoli prima abbia raggiunto il regno delle tenebre proprio in questi luoghi.

Le memorie che oggi appaiono sbiadite, senza senso, sospettose di burle, eppure ancora raccontate, sedimentate di generazione in generazione per più di un millennio, la leggenda della Sibilla e ma soprattutto quella delle Fate.  

Immaginiamoci per un attimo essere spettatori che si aggirano tra quelle rovine, tra la disperazione dei pastori che ridiscendono in fretta le pendici del Vettore per cercare i propri cari: i massi ciclopici ruzzolati dal monte in seguito al forte sisma hanno cancellato tutto e tutti, non è rimasto più nessuno vivo. Si sono salvati solo i pastorelli e le loro greggi ai pascoli.

A mio parere questa storia è la radice della nascita della Leggenda delle Fate, suppongo che ai pastorelli soli sia rimasto solo il conforto delle pecore idealizzate come donne con le gambe caprine.

Da quel momento una bellissima Signora inizierà ad avvistare nella vallata, il suo lungo vestito svolazza per il forte vento, accanto a lei bellissime fanciulle che si sostengono le vesti con le mani, desiderose di incontrare quei pastorelli ma “solo di notte”, nei paesi appena sorti di Pretare (dalla radice preta, pietra) e Piedilama (ai piedi della lama).

Non è la stessa Dea dei territori vicini, magari non ha avuto Principi e Cavalieri che l’hanno cercata, nessuno avrebbe mai sfidato la signora dell’oltretomba.

Il Vettore sarà identificato da lì in poi come un Vulcano che erutta pietre e polvere e i rumori che si odono all’interno, dal rifugio di quella Signora, le urla dei morti che tentano la fuga per risalire in superficie dal quel mondo infernale.

In tanti cercarono nel tempo di avventurarsi tra questi dirupi, neanche le forche poste nelle vicinanze della località oggi denominata Sasso Tagliato scoraggiò il loro entusiasmo. Cecco d’Ascoli, conosciuto anche come Negromante di Norcia, fu uno dei tanti che andrà a vendersi l’anima al Demonio su quel monte denominato all’epoca, come tutta la catena, Montagna di Norcia.

L’erborista Antonio Orsini di Ascoli Piceno nel 1825 capì sulla propria pelle la reticenza di queste popolazioni a far calpestare quelle sacre rocce, dopo mille anni, tanto da doversi far accompagnare nelle sue escursioni da sei gendarmi armati.

Il Vettore sarà identificato anche come Monte Sibilla; dagli scritti di Garibaldi il resoconto del suo passaggio ad Arquata del Tronto: (…) ed io per la via di Ascoli e la valle del Tronto, con tre compagni per percorrere ed osservare la frontiera napoletana. Valicammo gli Appennini, per le scoscese alture della Sibilla, la neve imperversava, mi assalirono i dolori reumatici che scemarono tutto il pittoresco del mio viaggio. Vidi le robuste popolazioni della montagna, e fummo ben accolti, festeggiati dovunque, e scortati da loro con entusiasmo.

Ancora negli anni ’40 del secolo scorso don Vincenzo Giachini, parroco di Pretare, preoccupato dei rumori sinistri provenienti dalla pancia di quel mostro che risuonavano per tutta la vallata, tentò l’ascesa per cercare di rincuorare i suoi fratelli ma non riuscì a raggiungere l’antro nascosto ma solo la cosiddetta Ara della Regina.

Ma veniamo ai tempi recenti: è il 24 agosto 2016 e sono esattamente le ore 3 e 36 minuti. Dal luogo in cui mi trovo vi comunico la scoperta dell’antro segreto della Fata, raggiungibile solo di notte perché il varco è aperto solo sino all’alba e della mia impresa, nella notte del 24 agosto 2016 alle 3,36 per entrarvi.

Uno spaventoso terremoto. I rumori roboanti sembrano essere turbinii vorticosi di acque che s’infrangono sulle rocce, terribili, da far immaginare esseri demoniaci che tentano di sconsigliarmi nell’impresa. Chi trovasse questo scritto che lascio tra questi dirupi sappia e divulghi questa mia impresa se non sarò più in grado di risalire da quell’antro e del coraggio che mi animò per raggiungere e conquistare la mia Dea.

Giacomo Eupizi