Capodacqua. Libro dei morti. 1746 e 1864

I registri parrocchiali raccolgono i dati relativi a battesimi, matrimoni e funerali officiati in una parrocchia, e costituiscono una fonte documentaria insostituibile soprattutto per le epoche in cui non esisteva ancora l’anagrafe civile; è nel 1563 il Concilio di Trento impone ai parroci l’obbligo della loro compilazione per battesimi e nozze, mentre dal 1614 entra in vigore anche per i registri dei decessi.

Solitamente compilati in lingua latina, risultano singolari queste due annotazioni in italiano tratte dai libri dei morti di Capodacqua di Arquata del Tronto: nella prima relativa al 1746, don Agostino Tommasi al tempo curato della locale chiesa di San Pietro, assentatosi per un breve periodo, non appena rientra scrive:

Nell’ Anno 1746 adì Febraro

Morì in questa mia Parocchia di Capod’Acqua un Uomo Zingaro, che si faceva chiamar Pausi venuto quà con una Donna vecchia ed una Fangiulletta ed un altro Giovine d’anni 18 quali tutti vivevano ad uso da Zingaro come dicevano. Ma perché ciò accadde in tempo della mia assenza, custodita dal Sig. Don Paulantonio de Presbiteris da me lasciato Ecconomo, non le furono amministrati Sagramenti perché se ne morì senza domandarli, e quasi di morte improvisa, perlocché dopo la morte fatta diligenza se avesse mostrato atto da Christiano fedele e se avesse schedula di Communione Pascale o altra immaggine da santi indosso, né corona; ed esaminata la sudetta Donna Madre di esso, e ritrovata ancor essa giurante delli divini ministeri, ed altre cose necessarie. Benché peraltro per il tempo di circa due mesi che qui era commorato (trattenuto) era vissuto di buoni costumi coll’arte di Fabro senza usar veruna impertinenza di fronte a persona veruna con esser sempre ne giorni di Festa intervenuto alla S. Messa siccome anco tutti li suoi congionti e compagni, con tutto ciò fù stimato indegno d’ecclesiastica sepoltura; e fù tumulato fuori di chiesa vicino al muro verso la vigna per quanto mi riferì il sudetto Don Ecconomo. E questo con mia dispiacenza poiché se fusse stato nel tempo di mia presidenza avrei meglio esaminata la causa, e n’avrei dato conto all’Ill.mo Vescovo Ordinario

(Capodacqua, Liber mortuorum II, 1695-1768)

Nella seconda, datata 1864, l’allora parroco don Giuseppe Persico, curato della chiesa di San Pietro a Capodacqua, trascrive nell’apposito libro un certificato di morte di un certo Salvatore Angeletti, pizzicagnolo di anni 21, che muore dopo essere stato ricoverato presso l’Ospedale Fatebenefratelli di Roma (antico santuario-ricovero, noto anche con il nome di San Giovanni Calibita, situato nell’Isola Tiberina e sorto al posto di un antico tempio dedicato ad Esculapio il cui scopo era quello di prestare aiuto e cure ai poveri ed agli infermi):

Nell’anno del Signore 1864 il giorno venti Marzo, pervenne a me Parroco sottoscritto:

Nel Nome di Dio Amen

Io sottoscritto Guardaroba del Venerando Spedale di S. Giovanni Calibita, di Roma de’ Padri dell’Ordine di S. Giovanni di Dio detti fate bene Fratelli, faccio piena ed indubitata fede, come nel libro dove si notano gl’Infermi, che vengono a curarsi nel detto Spedale, si trova la seguente partita al foglio 109 sotto il giorno 18 del mese di Febbrajo dell’Anno 1864 venne in questo Spedale Infermo Salvatore Angeletti di Emidio d’anni 21 di Capo d’Acqua Diocesi di Ascoli Pizzicarolo Celibe = Il quale munito de’ Santissimi Sagramenti morì il giorno 24 del mese di Febbrajo dell’Anno 1864.

In fede della Verità hò fatto la presente fede sottoscritta di mia propria mano, e munita col sigillo del detto Spedale.

Questo dì 15 Marzo 1864.                      Fra Benedetto Vannucci. Guardaroba

(Capodacqua, Liber mortuorum V, 1836)

articolo del 9/11/2020, a firma Gabriele Lalli