Le pietre raccontano, sono testimoni di un passato che non si è perso sotto la distruzione e la polvere del terremoto. Ogni casa è una storia, anzi tantissime storie, fatte da tutte le generazioni che l’ hanno abitata. Quando mi avvicino alle case distrutte, piegate, mi sembra di sentire attraverso gli oggetti e le macerie il vivo ricordo delle famiglie e delle persone che l’ hanno vissuta. Moltissimi elementi riprodotti nella pietra ci possono parlare di storie ed avvenimenti accaduti nei tempi remoti : pensiamo alle targhe, ai fregi, agli architravi, alle statue, alle cantonate, alle lapidi, alle fontane. Anche se le pietre parlano e raccontano di storie antiche e meno antiche, vissute da quelli che ci hanno preceduti, qualcuno ha dimenticato che fanno parte del patrimonio inalienabile della nostra comunità. Adesso le nostre pietre partono, partono sui cassoni dei camion, partono per un viaggio senza ritorno, saranno scaricate insieme ad una miriade di oggetti, manipolate, setacciate, triturate ed in alcuni casi distrutte, insomma subiranno lo stesso destino delle nostre anime alienate e corrotte dal sisma. Io vi invito ad ascoltare la voce delle pietre, dedicategli parte del vostro tempo… Non avete notato anche voi che le case costruite con il travertino hanno retto al terremoto più delle altre ? Ma cos’ ha di speciale questa bellissima pietra delle nostre montagne ? Chi passa oggi sulla Salaria, nell’ acquasantano, tra gli splendidi borghi di Ponte D’ Arli e Paggese , nota enormi blocchi bianchi di travertino scavati nelle pareti rocciose. Sono i resti di antiche cave o di cave ancora aperte che per centinaia di anni hanno dato lavoro e sopravvivenza a tantissimi montanari. Dietro ci sono storie di vita aspre, fatte di polvere, umidità, fatica. Un mondo di sacrifici, sofferenza, dolore e miseria. Non c’era molta possibilità di scelta nel passato, il futuro di un acquasantano prevedeva l’ emigrazione o una vita di fatica vicino casa lavorando come cavatore. Un piccone, corde d’ acciaio, una serie di cunei e tanta forza erano necessari elementi per racimolare lo stretto denaro indispensabile per far sopravvivere la famiglia. ” Le pietre sono come nuvole ” mi disse un giorno un vecchio cavatore. ” Siamo ricercatori di idee nascoste nella montagna. Le tiriamo fuori e diventano blocchi di travertino. Li mettiamo a disposizioni di scultori ed architetti che sono sempre venuti fin quassù per vedere cosa estraiamo. Sono blocchi che stacchiamo dalla montagna con il filo d’ acciaio annegato nell’ acqua in continuazione. Tagliando il travertino la polvere si impasta con l’ acqua e forma un fango bianco. Pian, piano con l’ aiuto di scalpelli, cunei e di frammenti di travertino, il blocco si stacca dalla parete verticale, separandosi e cadendo su un letto di detriti che consente di attutire l’ impatto. Tale enorme ” bancata” viene poi selezionata in blocchi più piccoli “. In queste enormi cave-teatro, tra pareti a strapiombo e lampi di cielo, convivono antichi e nuovi tagli . Il bianco travertino estratto da esse veniva trasformato in portali, fontane, palazzi , arredi funebri e tante altre opere che potete ammirare nelle città marchigiane ed in quelle di mezzo-mondo. I cavatori hanno sempre confidato nelle proprie mani e ciascuno è esperto del suo mestiere. Senza di essi le nostre città non sarebbero così belle. Eppure essi sono spesso dimenticati e pochi conoscono il loro lavoro. La sera li puoi incontrare nelle osterie e nei bar, li riconosci dai vestiti impolverati, dagli scarponi imbiancati, dalle mani incallite e ruvide. Hanno il viso stanco e gli occhi lucidi ma accettano con rassegnazione il loro destino ed hanno tante storie da raccontare. Gli antichi consideravano la pietra come ” le ossa della madre terra “, la pietra è tutto, sostiene tutto. Ossa che hanno richiesto sangue. La pietra è la ricerca del trascendente, dell’ eterno. Il travertino è una pietra che può sopravvivere a lungo e può eternare la vita di chi l’ ha scolpita attraverso l’ arte. un contrasto forte con la vita breve dei tagliatori di travertino. Il confronto tra la fragilità della vita umana con l’enormità smisurata e potente della pietra. Un giorno girovagavo tra le vecchie cave di Acquasanta in cerca di ispirazione, le nuvole coprivano le cime delle montagne, la pioggia cominciò a cadere fitta. Il paesaggio era affascinante ma al tempo stesso incuteva timore. Mi rifugiai in un vecchio bar di paese ed all’ interno, in un angolo appartato, vidi un vecchietto che alzò un bicchiere di vino per salutarmi, cercando forse compagnia. Mi sedetti con lui sorridendo e cominciammo a parlare del suo passato di cavatore, gli incidenti di quando facevano brillare le mine ed i morti per le esplosioni difettose. Una delle solite storie di vita dura, fatta di privazioni, fatica e senza un tornaconto giusto, neanche dopo la misera pensione. Poi cominciò a raccontarmi una strana storia : << Un giorno un cavatore di travertino, tornando a casa, vide un bottegaio, grasso e pasciuto, dietro il proprio banco e pensò : ” Che bellezza essere bottegaio ” ! All’ improvviso udì una voce innaturale che gli disse : ” tu sarai bottegaio “. Egli lo diventò ed in poco tempo ingrassò assumendo forma liscia e pasciuta. Il lavoro andava benissimo e gli avanzava anche il tempo di stare sull’ uscio del negozio ad osservare i passanti. Un giorno vide un cardinale passare in carrozza. ” Che bellezza essere cardinale ” ! Sospirò. E la voce nell’ aria lo persuase : ” tu sarai cardinale “. Vestito con l’ abito purpureo cominciò a girare il mondo agli ordini del Papa e pur essendo soddisfatto del suo incarico non potè fare a meno di pensare : ” Che bellezza essere Papa ” ! E la voce nell’ aria, squillante ” Tu sarai Papa ” . Quando usciva dalla residenza estiva di Castelgandolfo, il nuovo Papa si sentiva aggredito dai cocenti raggi del sole. Fu costretto a farsi seguire dal Segretario Vaticano con un’ ombrellino per difendersene e quindi pensò : ” che bellezza essere il sole ” ! E la voce, tuonante ” tu sarai il sole “. Splendente, tutto d’ oro, circondato da raggi cocenti, viveva in mezzo al cielo ma un giorno una nuvola di passaggio l’ oscurò. ” La nuvola è più potente di me ” pensò : ” che bellezza essere nuvola ” ! E la voce nell’ aria sussurrò : ” tu sarai nuvola “. Diventato nuvola galleggiava beatamente nel cielo quando un vento impetuoso lo ridusse a brandelli. ancora una volta pensò : ” il vento è più forte della nuvola. Che bellezza essere il vento ” ! E la voce sibilante : ” Tu sarai il vento “. Una volta diventato vento si scatenò sconvolgendo il mare, sradicando alberi, scompigliando gli esseri umani, ma si fermò su di una montagna che rimase impassibile ed indifferente. Era più forte del vento. ” Che bellezza essere montagna ” ! E la voce, cupamente : ” tu sarai montagna “. Trasformato in montagna fermo ed imponente se ne stava impassibile ha dominare il paesaggio ma un giorno sentì alle sue pendici un picchiettio insistente. La montagna stette in ascolto, i colpi ritmici diventarono regolari. guardò con attenzione e cosa vide… Vide un cavatore che batteva la roccia sgretolandola, la pietra si rompeva ed i massi si staccavano dai fianchi. Allora si ricordò di quando era stato cavatore ed esclamò con rammarico : ” il più forte ero io e non lo sapevo ” >> . Guardai il vecchio allibito, stupito da tanta saggezza, alzai il bicchiere, lo stesso fece lui ed esplodemmo all’ unisono in una sonora risata lasciando perplesso il barista.

Vittorio Camacci