Oggi mi sono regalato un sabato particolare di metà settembre. È iniziato come al solito al suono della sveglia seguito da una frugrale colazione, poi infilato lo zaino in auto si parte per un lungo viaggio che mi condurrà dall’altra parte della Laga. Arrivo a Piano Roseto a metà mattino e mi aggrego ad un’ allegra comitiva che prima visita i resti dell’ antica rocca in bilico sulla Valle del Vomano con la vista sul Massiccio del Gran Sasso e le cime al sud della Laga poi, attraversato un bosco di conifere, si reca verso ovest nel piccolo borgo di Crognaleto, disperso tra le belle vallate nel sud-ovest della Laga. Situato a 1.100 metri di altezza, chiamato così per il gran numero di alberi di corniolo che lo circondavano, nel linguaggio locale venivano chiamati “crognali”. Dopo l’Unità d’Italia fu sede comunale ma qui si rifugiò una banda di lealisti borbonici guidata da Bernardo Stramenga che giovedì 25 luglio 1865 massacrò a schioppettate il primo sindaco post-unitario Carmine Riccioni. Oggi nel borgo si respira una calma atmosfera, le case sono tutte ristrutturate ma il paese è quasi disabitato ed è popolato solo nel periodo estivo. La sua posizione geografica e fisica lo rendono simile all’ abitato di Colle d’ Arquata: entrambi si trovano dislocati sotto un’ enorme contrafforte roccioso d’arenaria che incombe pericoloso sui paesi, ed in entrambi i casi esso è stato messo in sicurezza con tiranti e reti d’ acciaio. Un’ altra cosa accomuna questi due ridenti borghi montani, una particolare chiesetta situata sul costone sovrastante i paesi: la Madonna della Tibia a Crognaleto e Santa Maria della Rocca a Colle d’Arquata. La chiesa rupestre di Crognaleto fu edificata nel 1617, ai piedi di uno sperone arenario, su una via di transito molto frequentata che anticamente metteva in comunicazione Aquila con Teramo. Proprio per questo alla chiesetta fu annessa una locanda per il riparo ed il ristoro di viandanti e pellegrini. La chiesa fu costruita in questo luogo perché nella seconda metà del XVI secolo qui transitava una statua lignea della Madonna delle Grazie trasportata a dorso di mulo che per un’ incidente precipitarono a valle rimanendo miracolosamente intatti: sia la statua, sia i muli che furono ritrovati senza alcuna lesione addirittura “pascentes herbas”. Sul posto venne fissata un’ icona mariana poi traslata nella chiesa di nuova costruzione per iniziativa del parroco Bernardino Paolini. L’icona, largamente restaurata e rimaneggiata, è stata poi portata nel 1973 nella Chiesa di San Salvatore, al centro del paese per preservarla da possibili furti. Per festeggiare questa traslazione il 9 agosto si svolge una celebrazione eucaristica con una processione e fiaccolata che dalla chiesa rupestre raggiunge il paese. Ho appena il tempo di partecipare ad un allegro conviviale, allestito dalla locale pro- loco, salutare in fretta tutte le gentili persone conosciute in questa particolare giornata che devo già risalire, zaino in spalla verso Piano Roseto per recuperare l’ auto e ripartire verso casa. Il viaggio di ritorno dura circa un’ora e mezza, ho appena il tempo di riposare per recarmi nel tardo pomeriggio a Colle D’Arquata, dove tra fede e leggenda si conserva il culto della Madonna del Chiarino la cui tradizione racconta che la statua della Madonna, realizzata in terracotta e cartapesta, alla maniera dei madonnari abruzzesi, proveniente dall’ antico eremo situato tra le montagne sovrastanti il paese, dove dimorarono Sant’Amico e Frate Angelo da Fossombrone, scomparve più volte dalla sua nuova dimora, la splendida chiesa di San Silvestro Papa, per essere più volte ritrovata nell’ antico eremo tra i monti. Narra la leggenda che tutto ciò avvenne fino a quando, nella chiesa di San Silvestro venne costruita un’ apertura-finestra che permettesse alla Santa Effige di essere sempre rivolta verso l’ antico eremo. (La statua della Madonna del Chiarino fu poi rubata negli anni ottanta e non è stata mai più ritrovata). Anche qui a Colle, trovo un’atmosfera genuina e sincera, scambio opinioni con persone semplici e schiette mentre calano le prime ombre della sera ed in preghiera ci rechiamo dalla piazzetta del paese al ponte sul Chiarino dove osserviamo alcuni fedeli che con le fiaccole percorrono le volte di una ripida discesa, l’antica mulattiera che collega una bella chiesa rupestre con l’abitato. È la chiesa di Santa Maria della Rocca già Madonna del Divino Amore e di Sant’Amico , fatta costruire nel 1929 da Gabriele Amici un ex gendarme pontificio originario del paese per onorare il santo tanto amato nei luoghi natii. La processione si ricongiunge con noi ed insieme torniamo nella piazzetta stretta tra i vicoli del paesino. Il posto è limitato e spartano , gli organizzatori non avevano previsto tanta gente, ma l’atmosfera è conviviale anche se l’ aria frizzantina di montagna si fa sentire, vivo intensamente questa bella serata di fine estate mentre una velata luna crescente mi fa l’occhiolino dal cielo notturno. E’ ora di tornare a casa. Sono allegro, felice, stranamente appagato e so che dormirò bene perché almeno per una volta ho visto gente incapace di soffrire davanti alla Fede. Il nord ed il sud della Laga accendono fiaccole per la Madre Celeste e per rischiarare l’ oscurità dei nostri tempi.
Vittorio Camacci