PROFILO BASSO
All’improvviso, in età adulta
mi è riapparsa l’amara terra iniziale
che brillava nei miei occhi bambini.
Così sono tornato quello che ero :
piccolo, vicino al senso delle cose
basso, genuflesso, ad un palmo da terra.
Stamattina ho fatto al mia solita corsetta, l’aria era frizzantina, il profumo di primavera intenso ed il mio viso era accecato dai primi raggi di sole tiepidi e gentili. Ho avvertito una bella sensazione di solitudine e di libertà, nutrimento per il mio cuore. Penso alle città con le loro problematiche quotidiane, moltiplicate dalla pandemia e dal conseguente lockdown, non so se avranno la forza di rialzarsi, non so se hanno intuito che ci è stata dichiarata una specie di guerra. Torno a casa e accarezzo mia madre, è malata ed impaurita ed io non posso lasciarla sola a lungo. La rincuoro, le infondo coraggio, invoco Dio affinché la benedica e la faccia stare meglio. Rifletto che se tutti gli abitanti di Arquata facessero qualcosa per i nostri anziani, anche un piccolo gesto, apparentemente inutile, la nostra terra la rivolteremo come un calzino, perché essa è già il nostro paradiso sensibile con caratteri materiali dove la natura prodiga i suoi doni circondandoci di cime, prati, boschi, radure, fonti, fiori, frutti, dolci zefiri e canti di uccelli. La felicità non è un possesso, ma l’essere circondati, l’essere “dentro”, come un tempo nel grembo materno. La terra arquatana è nostra madre e ci circonda con la sua bellezza ineguagliabile. Vivere sulle nostre montagne regala una quiete serena, che non è né piacere, né allegria. Il piacere è qualcosa di fugace, illusorio, che si tende sempre a ripetere sperando che possa appagarci una volta per tutte; l’allegria dal canto suo può essere più a portata di mano, fa clamore, è rumorosa, ma dura poco e poi si dissolve. E’ un po’ come una farfalla che afferri per le ali, appena può ti sfugge e ti lascia solo un po’ di polvere colorata sulle dita. Nella cultura odierna si tende a ricercare solo il piacere, ma esso svanisce e ci lascia solo piccole gioie e ci accontenta con allegrie evanescenti. La vera felicità, invece, è un dono che irradia il cuore e la vita, essa ha bisogno necessariamente di una vita semplice e piena di purezza interiore. Quando si è in pace con la propria coscienza, impegnati nei piccoli lavoretti quotidiani: coltivare la terra, curare il bosco, accudire gli animali domestici; oppure affidarci agli affetti semplici e sinceri come prendersi cura della famiglia, dei figli, degli anziani, ecco che la felicità si posa su di noi. E’ una presenza lieve che non ha niente a che fare con la ricerca smodata del piacere che porta alla tristezza, a volte drammatica, ma invece ci fa trovare una felicità piena, duratura e permanente. Nell’alta valle del Tronto la felicità non la si ha, ma la si vive, nelle piccole incombenze giornaliere, nelle lunghe passeggiate in cerca di funghi o di tartufi, nella raccolta dei frutti della terra. Insomma qui non sappiamo di essere felici ma lo sentiamo istintivamente. L’utilità delle nostre bellezze naturali non è evidente, non risulta a prima vista, eppure non possiamo farne a meno. Perché allora rovinarle con inutili strade, con colate di cemento. Oggi ci sono nuove tempeste, terribili e devastanti, creano bufere che distruggono e allontanano i nostri giovani da tanta bellezza. Assistiamo alla profanazione della famiglia, alla vittoria dell’egoismo e dei capricci, dove il denaro è diventato l’idolo, il padrone, creando ingiustizie, sfruttamento e rivalità che assomigliano sempre più ad una guerra. Esiste solo un modo per rendere felici questi giovani, dobbiamo liberarli dall’ egoismo e guidarli sulla via della bontà e della carità perché tutti i divertimenti del mondo non fanno crescere di un millimetro il livello della loro felicità. La meraviglia è nostra compagna discreta e ci può aiutare in questo mentre percorriamo i nostri magici sentieri che custodiscono, come in uno scrigno prezioso, le memorie della nostra comunità, dei nostri avi che nel corso dei secoli hanno curato con passione ed amore le ripide coste, gli impervi pendii, i fossi misteriosi, le soffici distese dei prati, conservandone l’integrità e ricavandone il necessario per la propria sopravvivenza. Questi angoli della nostra terra, una volta ricchi di attività e di presenze umane, oggi sono in condizione di abbandono e mostrano il triste segno dello spopolamento. Eppure rimangono alcuni indizi preziosi dell’antico splendore, della cultura e della vita popolare di un tempo. Sopravvivono ancora, in ricordo di una vera e profonda fede religiosa, piccole chiese, preziose pievi, in angoli nascosti dei boschi, in radure inimmaginabili oppure in solitari rilievi. Esse sono la dimostrazione della nostra antica civiltà, di un’arte sublime, del nostro glorioso passato. Dobbiamo farlo capire ai nostri giovani e non dobbiamo permettere che il trascorrere del tempo, l’inclemenza degli eventi atmosferici e la lunga incuria del post-terremoto determinino il loro degrado progressivo e la loro definitiva scomparsa.
“Se volete sapere dove non abita la felicità,
frequentate i luoghi di divertimento:
lì troverete briciole di piacere…
ma di felicità neppure l’ombra!”
“La felicità è come una farfalla:
se la insegui non riesci mai a prenderla;
ma se ti metti tranquillo può posarsi su di te.”
Vittorio Camacci