” Tutto è finito, tace la frontiera,

La riva bianca la riva nera

Mentre una donna piange nella sera

E chiama un nome che non risponderà ”

La nostra forzata quarantena è stata un sacrifico per noi umani ma ha ridato una nuova speranza alla Natura, a riprova di come sia invasiva e dannosa la presenza dell’ uomo sulla Terra. Mentre per difenderci dal contagio ci siamo rinchiusi nelle nostre case, gli animali hanno lentamente ripreso i loro spazi, proprio nel periodo stagionale più favorevole : una calda e soleggiata primavera come da anni non si vedeva. Nei prati e nei pascoli le lepri, in pieno giorno, brucavano tranquillamente l’ erba novella; negli stagni e nei laghetti alzavole e germani nidificavano indisturbati sulle rive deserte; caprioli, cinghiali, istrici, volpi, tassi e persino lupi sono stati avvistati in prossimità delle case mentre orsi appena svegliati dal letargo rovistavano nei fienili in cerca di cibo. Le notti sono tornate ad essere affascinanti come un tempo, illuminate da una miriade di stelle e coperte da un’ atavico silenzio interrotto solo dal soffio del vento e dagli improvvisi richiami degli uccelli notturni : il verso monotono dell’ assiolo, il lugubre e stridente lamento della civetta, il terrificante urlo del gufo e lo strano canto notturno dell’ usignolo che rompeva il silenzio delle tenebre con una vera e propria cascata di gorgheggi, fischi e cinguettii che incantavano l’ udito. Che belle che sono state queste notti, molto simili a quelle della mia infanzia, con la vita che ha ripreso la sua lentezza e si è tornati ad apprezzare la bella stagione e con essa siamo tornati a riconoscere i piccoli segnali che la Natura ci dava come il ritorno delle prime rondini e il canto del cuculo. La pandemia ha riportato alla luce anche vecchi confini come un’ involuzione temporanea di duecento anni. Di colpo il fiume Tronto ha diviso le nostre terre come all’ epoca dei cippi di confine tra il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio. Amicizie, legami famigliari, fidanzamenti, rapporti d’ affari sono stati messi a dura prova dalla chiusura dei confini che ci ha riportato in un tuffo temporale agli inizi dell’ ottocento quando nelle nostre zone c’ erano le dogane che controllavano tutto : i passaggi, le merci trasportate ed i relativi dazi da pagare. Anche allora i confini divisero popolazioni e territori legati da secoli di relazioni fraterne, parentele e scambi commerciali e queste zone di frontiera furono interessate da guerre civili, contrabbando, brigantaggio, con lo scopo di contrastare e combattere l’ assurdità di demarcazioni così nette su territori da sempre collegati e congiunti tra loro. Come somigliano i governanti di oggi a quelli di allora, sembrano insensibili al problema e non capiscono la realtà del territorio. In questi giorni, all’ interno del Parco, un’ aquila reale è stata uccisa dai bracconieri, questo volatile, insieme al lupo rappresenta, da sempre, un carattere simbolico indiscutibile del nostro territorio. Se il lupo è il re dei predatori, l’ aquila è la regina del nostro cielo. Arquata del Tronto ha delle regole arcaiche, la nostra terra è stata governata per centinaia di anni da notabili e politici oligarchi, come un vecchio sistema feudale, scheggia dell’ era passata destinato a non avere ma anche a non dare futuro ai nostri monti. Con il terremoto e le successive emergenze tutti gli arbitri e le debolezze di questo sistema sono venuti definitivamente a galla. A nulla è servita la tecnologia evolutiva, gli sbalzi in avanti della scienza da noi, ancora oggi, rimane duratura e granitica, come un tempo, l’ oligarchia tirannica dettata da prepotenti despoti locali che tengono sotto scacco tutti i paesi come fossero loro proprietà personali, sfruttandoli per il loro piacere e profitto o per favorire i loro famigliari e sodali. Si sono organizzati in clan, hanno razziato beni e contributi arricchendosi e si sentono ormai immuni a qualsiasi legge. Solo una cosa li differenzia nel post-terremoto, anche se ormai sono quasi tutti parenti e famigliari incrociati : quelli che spadroneggiano sulla destra orografica del Tronto e quelli che, invece, dominano sulla sinistra. Come se il destino avesse tagliato di netto la valle. Sulla destra orografica aria di rinascita con pochi danni, festini e ricchezza in abbondanza. Sulla sinistra paesi completamente crollati, con conseguente difficoltà nel ritrovare un’ identità sociale comune. In mezzo il fiume Tronto che segna il destino di tutti. Come un disegno simbolico, l’ aquila caduta sotto colpi traditori, era la regina dell’ aria, quello stesso cielo che deciderà le future sorti dei nostri ingiusti e crudeli oligarchi, amatori solamente dell’util proprio. Anche se ora sono sconfortato ricordo sempre che in tutta la storia umana le strade della verità e dell’ amore hanno sempre vinto. Chi è sembrato invincibile per un certo tempo, come l’ aquila reale dei Sibillini, alla fine è caduto, ribellarsi ai tiranni significa obbedire a Dio. Siamo stati tenuti in ostaggio per troppo tempo, da potentati provinciali obsoleti che hanno distrutto la nostra vita sociale. Sono talmente crudeli e malvagi che quando uno di loro cade, gli altri sono pronti a fare scempio del suo cadavere come sciacalli bramosi di putrida carne. Noi, ultimi abitanti coscienziosi e ” illuminati ” di Arquata del Tronto non possiamo più permettere tutto questo perché la situazione è disperata, bisogna difendere i sani valori della nostra terra… prima che sia troppo tardi.

Vittorio Camacci