Diego Pierpaoli
(poliedrico artista arquatano)

Pittore, scultore, saggista, poeta e musicista, è il leader tra i fondatori della corrente artistica che prende il nome di Immanentismo.
Diego Pierpaoli nasce ad Ascoli Piceno il 31/10/1940 da Lisio e Pierina Papi (quest’ultima figlia di Emerico, avvocato e notaio, nato in Arquata l’11/9/1873 e morto a Roma il 25/10/1928) dove trascorre la sua infanzia diplomandosi nel liceo classico Francesco Stabili.
Dopo la laurea in Giurisprudenza all’Università di Macerata, lavora prima come impiegato presso un ufficio del Comune di Ascoli Piceno e in seguito nel ruolo di professore di diritto nell’Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri Umberto I°; fino al 1984 quando, maturata la pensione di anzianità, si ritira in Arquata del Tronto in quella abitazione ereditata che trasformerà poi in Villa Papi.
Nel 1968, ventottenne, vive la vitalità artistica ascolana di quel periodo soddisfacendo le proprie prerogative ed interessi artistici unendosi in amicizia con Alvaro Pespani ed altri del gruppo Nuove Proposte. Dopo queste prime esperienze, in via Ceci trova sede il nuovo gruppo “8 G”; la proficua attività vedrà l’organizzazione di mostre e collegamenti sia nazionali che internazionali con l’evoluzione creativa di quegl’anni.
Il 1970-72 è il periodo della rappresentazione degli uomini chiocciola con riferimento alla corsa per la conquista dello spazio di quegli anni: vengono raffigurati uomini protetti da gusci di chiocciole da cui tendono di venire fuori per scoprire, anche se in maniera surreale, le nuove dimensioni dell’umanità.
Nel 1972-73 nasce in lui quell’intuizione introduttiva alla stessa teoria dell’immanentismo: le figure e i riferimenti naturalistici si astraggono in una celebrazione quasi trascendente di un nuovo intendimento filosofico.
L’immanenza è un concetto filosofico metafisico (antitetico a quello di trascendenza) che si riferisce alla qualità di ciò che è immanente, ossia ciò che risiede nell’essere, ha in sé il proprio principio e fine e, facendo parte dell’essenza di un soggetto, non può avere un’esistenza da questo separata.
Lui stesso dichiara che nessuna opera è del tutto astratta o del tutto figurativa!; i suoi lavori nascono proprio dall’accostamento tra l’astrattismo (che potremmo definire avanguardia) e il figurativismo (che è la tradizione).
Nel marzo del 1973, quale ideatore, teorico e leader di quel neo gruppo immanentista, insieme con altri artisti, sottoscrive e pubblica il manifesto che segna la rottura con la pittura tradizionale con forme dell’avanguardia tedesca.
Nella sua carriera artistica passa attraverso un’evoluzione da avanguardia tedesca (Kandinsky e Klee) ai campi di Castelluccio, poi all’astrattismo figurativo attraverso atmosfera e profondità.
La sua generosità nella ricerca trova in Emiliano Albani un epigono e continuatore.
Si prodiga anche alla stesura di molti testi esplicativi della sua arte, destando l’interesse di critici quali Achille Bonito Oliva ed altri, meritando anche la stima e comprensione di Giulio Carlo Argan che recensirà e presenterà alcune sue stagioni nell’Arte.
Arquata del Tronto ha rappresentato il ritorno effettivo al luogo della sua giovinezza e punto di sintesi personale e coinvolgimento estetico.
Diego, oggi purtroppo limitato nella sua creatività e produzione artistica a causa dell’avanzamento dell’età, da alcuni anni si avvale della preziosa e ormai indispensabile collaborazione della famiglia Fulvi, che, nella consapevolezza dell’indiscussa collocazione dell’artista in un ruolo di primo piano nella storia dell’Arte italiana del ’900, lo assiste non solo nel quotidiano ma anche in quella continua ricerca di storicizzazione della sua produzione artistica.
La fiducia di fatto accordata ad Antìdio Fulvi non è recente, ma nasce dal legame che li univa già nei primi anni ’70, nella condivisione della comune passione per l’arte, con la nascita dei primi circoli culturali in Ascoli Piceno e che, dopo poco tempo e per iniziativa di Diego, sfociarono nella rottura con la pittura tradizionale per dare inizio a quella corrente artistica rivoluzionaria che prende il nome immanentismo; i motivi di questa scissione vengono puntualizzati nel 1973 con la pubblicazione del primo dei manifesti a firma Diego Pierpaoli e sottoscritto da Nazzareno Luzi, Arnaldo Marcolini, Giuseppe Malatesta, Igino Stella, Franco Cardarelli e Giuseppe Caserta.
Il patrimonio artistico e la stessa immagine di Diego restano dunque oggi fermamente difesi da Antìdio Fulvi, nativo di Arquata del Tronto e coadiuvato nel progetto dalla moglie Antonella e dai figli Francesco, Gregorio e Sara, che, su precise indicazioni dettate da Diego per la realizzazione della struttura artistica, sono riusciti anche a trasformare e organizzare gli spazi presenti nella casa nota come Villa Papi, in origine non fruibili a causa delle impervie caratteristiche del terreno scosceso, in un luogo ben attrezzato per liberi incontri culturali, resi adatti anche a esibizioni di attori, cantanti, musicisti e artisti che vogliono dare spazio alle loro capacità artistiche.
Restano comunque ferme le intenzioni manifestate per la conservazione e valorizzazione (e non quindi alla sola commercializzazione) delle molte opere prodotte e ancora di proprietà dell’artista, al fine di mantenere attivo un museo permanente dedicato al poliedrico artista, attraverso una fondazione.

Durante la sua lunga carriera artistica (ricordo che dipingeva già dall’età di 17 anni), ha prodotto molti bronzi, ceramiche, ed oltre 1.000 opere pittoriche, delle quali circa 300 fanno ancora parte della sua raccolta privata; queste, prima del sisma del 2016, erano esposte e liberamente ammirabili sia a Villa Papi, che nel Museo Permanente a lui dedicato e allestito presso l’ex Palazzo della Pretura in Arquata; buona parte di esse (circa 175) sono state successivamente recuperate integre dai Vigili del Fuoco (con la perdita però di alcune importanti opere storiche riguardanti il periodo degli uomini chiocciola realizzate negli anni ’70) e restano in attesa di una nuova idonea collocazione.
Diego Pierpaoli e Antidio Fulvi, dopo ormai quattro anni dal sisma, sono ancora in attesa di far ritorno nella loro amata “casa-parco-museo Villa Papi” di Arquata del Tronto, in attesa della realizzazione dei lavori di consolidamento delle strutture lesionate.

Articolo del 16 luglio 2020, a firma Gabriele Lalli