Salendo a caso tra le ultime radure e i fitti gineprai scoprii che i vecchi sentieri di montagna erano per lo più scomparsi: chiusi o inglobati dalla vegetazione. Il tempo si era ripreso questi antichi passaggi, un nemico invisibile che aveva cancellato tanti viottoli sgangherati. Infine era arrivata un’omertà collettiva che solo pochi cacciatori sapevano violare, ogni sentiero chiuso per loro rappresentava libertà di movimento senza che alcuno alzasse voce di protesta. Questi cammini scomparsi divennero i miei compagni di allenamento, la loro fu un’assenza che prese voce. Mi raccontò il passato di intere generazioni che aveva dato ai nostri avi un futuro da costruire ed alle nostre generazioni un benessere da godere. Dietro di loro c’era stato il lavoro come riscossa sociale, come dignità personale, l’orgoglio del fare, la bellezza del fare bene. ma anche il lavoro prima di tutto: il lavoro sopra a tutto ed a tutti. Ecco, questo mi sussurrava l’ assenza dei sentieri scomparsi e volentieri dimenticati; che pane è quello pagato con la perdita d’identità, con il tradimento della terra e della dignità degli altri? Che pane è quello che riempie le tasche ma non nutre la vita. I sentieri si erano richiusi, le vie dove per generazioni avevano camminato loro, i nostri padri e le nostre madri. Perchè erano scomparse queste esigue strisce di terra? Forse avevano paura che la morte arrivasse a prenderli a piedi, battendo nella notte le pietre del selciato con vecchi zoccoli di legno che nessuno indossava più e nessuno si cavava più per prenderli in mano e volar via a piedi nudi , più veloci della falce della morte, che poi a pensarci bene non sarebbe stata una brutta morte. Si erano chiusi i sentieri nel nome del progresso, nel nome degli interessi qualcuno li chiamava inutili. Si erano richiusi i sentieri, avevano tagliato le arterie del ricordo e delle leggende e poi si lamentavano che i loro figli non avevano più ideali, che non rispettavano la sacralità della terra. Questo anno che è andato via, non solo ha aggiunto un numero alla mia carta d’identità, ma anche tanto altro, perchè le particolari situazioni che ho dovuto affrontare sono state opportunità da mettere in campo: nel lavoro, negli affetti, nei rapporti con le persone e l’ambiente circostante. Quante energie ho dovuto mettere in campo per essere all’altezza delle situazioni che mi sono capitate tra capo e collo! E, nonostante i grandi sforzi non sono stato all’altezza, devo ammetterlo. Come stiamo verificando il futuro è piuttosto incerto e adombra l’animo di tanti dubbi: bisogna essere per forza ottimisti per non subire gli effetti di eventi che stanno condizionando negativamente la nostra esistenza. L’anno passato oltre ad aver tolto ed aggiunto, mi porta anche a fare delle riflessioni sul mio futuro. Sono riflessioni che hanno a che fare con la consistenza delle cose a cui dare importanza. Mi sono accorto che molte non mi attirano più, non risvegliano il mio interesse. Altre sono diventate meno importanti e quindi, superficiali. Al contrario ci sono aspetti che mi suscitano ancora emozioni e curiosità, perchè mi hanno sempre appassionato. Tra questi le conoscenze in ambito atletico, ambientale, storico e turistico. Soprattutto sono arrivato in un momento della vita in cui mi sono trovato davanti ad un bivio ed ho deciso quale strada prendere. Era già qualche anno che ci pensavo, non era facile mollare qualcosa che aveva grandi prospettive per il futuro della nostra terra, ma avevo voglia di alzarmi la mattina con l’impegno di impiegare il mio tempo nei confronti di chi mi aveva sostenuto fino ad oggi e dedicargli tutto me stesso. Così ho appeso tutte le attività al fatidico chiodo. Per quanto riguarda le mie scelte future, non ho pressione, voglio concedermi il tempo per maturarle appieno e quel che sarà verrà. “Ci sono quattro strade che possono portarti dove vuoi andare. La prima ti conduce dove ti manda il tuo primo pensiero. Non è la strada giusta. Rifletti un poco. Allora affronti la seconda. Rifletti nuovamente ma non scegli ancora. Finalmente alla quarta riflessione tu sarai sulla strada giusta, così non rischierai più nulla. Qualche volta lascia passare del tempo prima di risolvere il tuo problema”. Di giornate ne lascerò passare molte, per non sbagliare. In ogni caso, gradatamente cercherò di tornare operativo. Mi concentrerò su situazioni che mi danno soddisfazione, che mi attirano e seguirò, come sempre, l’istinto per farmi portare là dove mi sentirò bene. E tempo per me di avere tempo da vivere e donare.

            Vittorio Camacci